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Popper, Karl Raimund.

Filosofo austriaco. Appartenente a una famiglia di origine ebraica convertitasi al Protestantesimo, intraprese gli studi di Filosofia, interessandosi in modo particolare a problemi di carattere psicologico ed epistemologico. Nel periodo universitario ebbe modo di lavorare come assistente sociale in una clinica di consulenza adleriana per l'infanzia, ottenendo nel 1927 l'abilitazione in Psicologia; parallelamente la frequentazione di scienziati quali il fisico W. Wirtinger e il matematico H. Hahn gli permisero di approfondire i suoi interessi epistemologici. Nel 1928 conseguì la laurea in Filosofia con una tesi Sulla questione del metodo della psicologia del pensiero, discussa con lo psicologo K. Bühler. Di fondamentale importanza per la sua formazione fu la frequentazione del Circolo di Vienna, di cui, però, non fece ufficialmente parte: fu proprio dalla riflessione critica sulle teorie avanzate in quest'ambito che nacque la prima opera di P., La logica della ricerca (1934), successivamente tradotta in inglese e ampliata con un'appendice (La logica della scoperta scientifica, 1959). A causa delle persecuzioni razziali, nel 1937 fu costretto ad abbandonare Vienna, soggiornando dal 1937 al 1945 in Nuova Zelanda dove ebbe l'incarico di lettore di Filosofia al Canterbury University College di Christchurch. Durante questo periodo P. sviluppò la sua riflessione in ambito storico-sociale (Che cos'è la dialettica?, 1937; Miseria dello storicismo, 1944-45; La società aperta e i suoi nemici, 1945). Nel 1945 si trasferì a Londra, dove ottenne la cattedra di Logica e Metodologia delle scienze presso la London School of Economics. La sua riflessione sulla metodologia della scienza continuò con la pubblicazione di Congetture e confutazioni (1963), Scienza e filosofia (1963), Conoscenza oggettiva (1973). Al 1974 risalgono l'Autobiografia intellettuale e le Repliche ai miei critici, mentre nel 1977, in collaborazione col neurofisiologo J.C. Eccles, scrisse L'io e il suo cervello. Fra le altre numerosissime opere di P., ricordiamo: i tre volumi del Poscritto alla Logica della scoperta scientifica (1983), Sulla teoria della democrazia (1987), L'epistemologia evolutiva, la razionalità e la sociologia della conoscenza (1987). ║ La logica della ricerca scientifica: il pensiero di P. muove dalla critica alla teoria neopositivistica della significanza come verificabilità, secondo la quale la linea di discrimine fra le proposizioni scientifiche significanti e quelle metafisiche non significanti sarebbe da individuare nella possibilità di una loro verifica empirica. P. giudica tale modo di definire la distinzione dogmatico, in quanto basato sulla natura delle proposizioni. Riprendendo la critica humiana dell'induzione, egli sottolinea come sia logicamente impossibile giustificare una proposizione universale sulla base di una somma finita di casi particolari, in quanto essa potrebbe sempre essere smentita da successive osservazioni: in tal modo risulta inficiata la possibilità stessa della verifica delle proposizioni scientifiche. Non è solo l'induzione per enumerazione ad attirare le critiche di P., ma anche quella per eliminazione, dal momento che anche la confutazione e l'eliminazione delle ipotesi false, a differenza di quanto pensavano Bacone e Mill, non implica necessariamente l'emergere di una teoria definitivamente vera. Alla teoria della verificazione neopositivista, P. oppone quella della falsificazione: se nessun numero di esempi confermanti può giustificare una proposizione universale, è invece possibile, con un solo esempio contrario, procedere alla sua falsificazione. Una teoria scientifica si contraddistingue quindi per la sua possibilità di essere controllata e falsificata empiricamente. In tal modo il percorso della ricerca scientifica risulta, nella concezione popperiana, completamente invertito: non si parte dai fatti per costruire teorie, ma dalle teorie al loro controllo attraverso i fatti: è il metodo ipotetico-deduttivo. Secondo P. il primo passo del lavoro dello scienziato, definito come contesto della scoperta, consiste nella formulazione di ipotesi, prive in questo stadio di qualsiasi contenuto di veridicità: esse possono essere suggerite dai più diversi ambiti, anche non scientifici, compresi il sogno, la pura immaginazione o teorie metafisiche. Il secondo decisivo momento è quello che P. chiama contesto della giustificazione. Dall'ipotesi iniziale si devono trarre deduttivamente tutte le possibili conseguenze verificabili empiricamente esprimendole in asserzioni di base. Se tali asserzioni di base risultano in contrasto con l'esperienza, la teoria viene falsificata e quindi abbandonata; in caso contrario la teoria viene assunta come vera, ma in modo puramente provvisorio; essa infatti continua a mantenere un carattere ipotetico in quanto suscettibile di futura falsificazione. Tramite la constatazione dell'asimmetria fra verificazione e falsificazione (una teoria non è logicamente giustificata da una sequenza di conferme empiriche, mentre basta una sola smentita dei fatti per falsificarla) e l'affermazione della conseguente necessità di sottoporre le teorie scientifiche a falsificazione per renderle più adeguate, P. sottolinea il valore dell'errore all'interno della ricerca scientifica e il costante carattere provvisorio e congetturale delle ipotesi scientifiche. A tale carattere P. si è mantenuto fedele anche quando, in Congetture e Confutazioni, riallacciandosi alla nozione kantiana di "idea regolativa", ha parlato dell'esistenza di una verità assoluta cui tende il cammino della scienza, sia quando in Conoscenza oggettiva ha proposto, con la teoria della conoscenza oggettiva o teoria del "Mondo 3", una teoria della conoscenza che riecheggia sotto molti aspetti elementi platonici. ║ La critica dello Storicismo: la falsificabilità, e quindi in ultima analisi il rispetto del principio di contraddizione, è elemento fondamentale per ogni sapere che si voglia presentare con dignità di scienza. Poiché da una coppia di asserzioni contraddittorie è possibile ricavare logicamente ogni tipo di asserzione, il rifiuto del principio di contraddizione blocca ogni indagine scientifica. È su questa base che si inseriscono la critica popperiana alla psicoanalisi, considerata una "pseudoscienza" proprio perché le sue proposizioni non sono falsificabili, e quella contro il Marxismo e ogni forma di Storicismo. Particolarmente vivace fu la polemica che contrappose P. alla Scuola di Francoforte e in particolare a Th.W. Adorno. Quest'ultimo sosteneva che il metodo della ricerca deve modellarsi sulla struttura del suo oggetto: poiché l'oggetto delle scienze storico-sociali, la società, è contraddittorio, così anche il metodo deve riflettere tale contraddittorietà. Per P. non esiste contraddizione nell'ambito del reale, ma solo nel pensiero: stando così le cose il pensiero deve evitare la contraddizione proprio per cogliere compiutamente la realtà. Il rifiuto del metodo dialettico comporta importanti conseguenze anche a livello della prassi sociale e politica. Esso va infatti di pari passo con il rifiuto di ogni Storicismo, ovvero di ogni concezione che pretenda di fare previsioni sulla storia nella sua totalità, individuandone una meta prefissata. Tale pretesa di comprendere le finalità ultime della storia si traduce inevitabilmente nell'utopia di migliorare la società, modificandone radicalmente la struttura. In quest'idea vi sono le premesse per il totalitarismo, ovvero per la creazione di una società chiusa, di cui P. indica i teorici in Platone, Hegel e Marx. Al metodo storicista P. contrappone una "tecnologia sociale razionale", gradualista e riformista che, sulla base del metodo scientifico, proceda per tentativi ed errori. Tale metodo d'intervento sociale è alla base di quella che P. chiama società aperta, organizzata in strutture democratiche, che tutelino e sviluppino il senso critico dei cittadini e che garantiscano la possibilità di controllo dei governati sui governanti e della minoranza sulla maggioranza. ║ L'ultimo Popper: nelle opere più recenti P. ha accentuato l'importanza della metafisica nel campo della ricerca scientifica. Non solo idee e problematiche metafisiche si sono intrecciate per secoli alla scienza fungendo da "idee regolative" della ricerca, ma alcuni programmi di ricerca metafisica (per esempio l'atomismo) si sono progressivamente trasformati in teorie scientifiche. Non è possibile quindi tracciare una netta linea di demarcazione fra teorie scientifiche e metafisiche; si tratta piuttosto di scegliere fra queste ultime quelle in grado di essere più feconde ai fini della ricerca scientifica. Osservatore attento dei fenomeni sociali, P. è spesso intervenuto nel dibattito culturale denunciando dogmi e utopie. Si ricorda l'aspra polemica contro la televisione, considerata una "cattiva maestra", strumento degenerato d'informazione, particolarmente pericoloso per i giovani in quanto capace di ucciderne il senso critico e educarli alla violenza (Vienna 1902 - Croydon, Londra 1994).